Il 27 gennaio è ormai conosciuto da tutti come “il giorno della memoria”. Il solo nominarlo fa trarre un sospiro misto di malinconia, tristezza e allo stesso tempo gratitudine. Certo, perché si è innanzitutto grati di essere vivi e grati di non aver vissuto quello che milioni e milioni di persone hanno dovuto subire per la mano nazista.
Liliana Segre, oggi senatrice a vita italiana, era solo una ragazzina, tredici anni, quando ha fatto il suo ingresso in un campo di concentramento. E da lì è uscita un’altra persona, o meglio, una che per tanto tempo non è stata “persona”, perché nel campo di concentramento l’obiettivo era annullare completamente l’essere umano, il sentirsi una persona.
Nei giorni scorsi, Liliana è stata ospite del Parlamento Europeo nel 75° anniversario della liberazione di Auschwitz e il suo discorso è stato condiviso dalla tv, dai giornali e dai social arrivando nelle case di ciascuno di noi. Ne riporto di seguito un breve ma significativo frammento.
“…ognuno nella vita deve mettere una gamba davanti all’altra, che non si deve mai appoggiare a nessuno perché nella “Marcia della morte” non potevamo appoggiarci al compagno vicino che si trascinava nella neve con i piedi piagati come noi e che veniva finito dalle guardie della scorta se fosse caduto. Ucciso.
Come si fa? Come si fa in quelle condizioni? La forza della vita è straordinaria, è questo che dobbiamo trasmettere ai giovani di oggi che sono mortificati dalla mancanza di lavoro, dai vizi che ricevono dai loro genitori molli per cui tutto è concesso. La vita non è così. La vita ti prepara alla marcia che deve diventare marcia per la vita. Noi non volevamo morire, eravamo pazzamente attaccati alla vita, qualunque fosse, per cui proseguivamo una gamba davanti l’altra…”
Il giorno della memoria, la “memoria”, dovrebbe servire proprio a questo: trasmettere al nostro oggi qualcosa di nuovo a partire da ciò che è stato e che ricordiamo.
E cosa trasmettiamo? Cosa ha cercato di trasmettere Liliana? La straordinarietà della forza della vita che, troppo spesso, viene dimenticata e si perde nelle difficoltà e nelle prove che appartengono al nostro presente. Seppur molto diverso da quanto affrontato nei campi di concentramento da tutti i deportati, anche oggi, si rischia di morire per l’odio e l’altrui violenza (pensiamo ai femminicidi, agli abusi, al bullismo, al razzismo…). A volte non si riesce a valorizzare il proprio attaccamento alla vita e si cede alle difficoltà quotidiane senza provare ad affrontarle. Pensiamo, ancora, a quanti suicidi per la perdita del lavoro, per le difficoltà economiche, per la solitudine o la malattia.
“La vita ti prepara alla marcia” ma, aggiungo, nella nostra marcia si può scegliere di appoggiarsi a qualcuno, si può chiedere aiuto quando la fatica sembra troppa. Liliana e le sue compagne furono costrette a camminare in una lunga marcia senza avere la possibilità di appoggiarsi ad alcuno. Furono costrette a denudarsi e perdere la propria femminilità. Furono costrette a guardare inermi l’orrore della morte e dell’odio. Oggi non è così, oggi abbiamo la possibilità di scegliere ed è questa la differenza.
Il giorno della memoria serve a ricordare…ricordare per trovare il “nuovo”, per trovare la differenza, per fare la differenza!
Dott.ssa Federica Visone
Psicologa-Psicoterapeuta
APS Newid