L’odio è uno stato emotivo di forte inimicizia e avversione nei confronti di qualcuno o qualcosa. Ma perché proviamo questo sentimento? E come possiamo disinnescarlo nelle nostre relazioni sociali?
Quando immaginiamo l’odio, è più semplice rintracciarlo nelle guerre e nelle persecuzioni, diventa complesso riconoscerlo in noi, nelle nostre rappresentazioni culturali, nella quotidianità, nelle relazioni che viviamo.
L’odio prende forma dall’aggressività, pulsione presente in tutte le persone, che spesso si confonde con la rabbia e la paura. Questo tipo di emozione complessa si autoalimenta velocemente soprattutto quando trova terreno fertile nell’insicurezza e nell’ignoranza.
Ammettere di contenere dentro di sé una quota di aggressività, potenzialmente distruttiva, e quindi fare i conti con una parte spiacevole di sé stessi, non è semplice. Spesso risulta più comodo proiettare questa tensione verso l’esterno, rendendo l’altro detentore del male, delle sopraffazioni, delle prepotenze.
E quanto più è differente l’altro da noi, più diventa semplice identificarlo come un elemento da eliminare.
Purtroppo, l’odio può anche essere insegnato ed è molto facile apprenderlo, perché interpreta la realtà nel modo più comodo e facile, usufruendo di categorie limitanti e stereotipate. Categorie che però risultano rassicuranti, perché conosciute.
Quando ci si sente sopraffare da questo sentimento occorre fermarsi e attivare un dialogo interiore, talvolta anche all’interno di un percorso psicoterapeutico, per riconoscere quali meccanismi soggettivi alimentano la quota di odio che si riversa spesso sul mondo esterno o, talvolta, verso di sé.
Accanto ad un processo di autoanalisi rispetto alle motivazioni per cui l’odio diventa la risposta difensiva alle situazioni della vita, è necessario inserire anche un processo di decostruzione delle rappresentazioni mentali che fomentano questo sentimento insidioso.
A livello esplicito, i valori dell’uguaglianza ispirano la maggior parte delle persone. Eppure, intolleranza e discriminazione sono fenomeni sempre in espansione, con modalità spesso subdole e alcune volte non consapevoli.
Quando alimentiamo pregiudizi, rifiutiamo gli altri per come sono, perché le differenze spaventano. Ciò che non conosciamo ci porta inevitabilmente a fare i conti con i nostri limiti e con la potenziale perdita di controllo. Inoltre attraverso l’intolleranza verso aspetti portati dall’altro, emerge spesso la frustrazione e l’intolleranza verso aspetti del proprio sé che si fatica a tollerare. L’alterità, talvolta, ci fa da specchio e ci costringe ad affrontare parti di noi destabilizzanti. Riconoscere l’odio è il primo passo fondamentale per comprendere gli aspetti cognitivi ed emotivi che lo costituiscono ed attivare le risorse necessarie per superarli, perché non si tramutino in azione.
Riconoscere l’odio ci consente di guardare cosa stiamo rifiutando anche di noi stessi. Di accogliere il nemico che vive in noi, lo straniero che abita la nostra casa, e sviluppare un senso di appartenenza e di comunità che dia valore al confronto e alla condivisione. Riconoscere l’odio significa trasformare l’alterità in ricchezza, le differenze in evoluzione.